Opere di difesa idrogeologica Il territorio
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Per interrompere o almeno rallentare il processo d’erosione dei versanti occorre agire sul corso d’acqua e sui versanti stessi. Negli anni è aumentata la conoscenza della dinamica dei corsi d’acqua e gli interventi sono cambiati: il rio Prebéc è un laboratorio all’aperto eccezionale per osservare l’evoluzione di queste tecniche.
Sui versanti s’interviene con opere di rimboschimento, protezione della cotica erbosa, regimazione delle acque piovane; sul corso d’acqua con opere finalizzate a ridurre la pendenza del corso d’acqua e quindi la sua velocità e capacità d’erosione. Le “briglie” sono uno strumento idoneo che, creando un profilo a “scalini” del corso d’acqua, costringono le acque del torrente a rallentare e a depositare i materiali trasportati; inoltre, rallentando la velocità dell’acqua, riducono l’erosione delle sponde. Occorre ricordare che le opere di sistemazione sui torrenti di montagna non sono mai definitive e devono essere accompagnate da continui interventi di manutenzione.

Nella prima metà dell’ottocento gli interventi furono riconducibili al tentativo di mantenere le acque dentro l’alveo naturale, tramite la costruzione d’argini e lavori d’approfondimento dell’alveo ma solo occasionalmente questi lavori furono sufficienti a contenere le ondate di piena. Con l’entrata in esercizio nel 1854 della linea ferroviaria Torino – Susa, seguita nel 1871 dall’inaugurazione del tratto Bussoleno – Bardonecchia, si sviluppò un’attività industriale che ebbe nella “Ferriera Colano-Ferro” e nel “Cotonificio Wild & Abegg” i due principali poli d’occupazione. Il blocco della ferrovia e della strada causato dalle piene del rio Prebèc avrebbe avuto una ricaduta non indifferente sull’economia nazionale e della valle; per evitare questo pericolo s’iniziarono studi sull’intero bacino del torrente Prebéc.

Tra il 1883 e il 1901 furono presentati 4 progetti ed entro il 1905 furono realizzate 34 briglie, estesi rimboschimenti e lavori di consolidamenti dei versanti eseguiti con tecniche che oggi vengono definite di “ingegneria naturalistica”. Un evento alluvionale di quello stesso anno mise in luce l’insufficienza delle opere trasversali e pertanto entro il 1914 furono realizzate altre 34 briglie. Tra il 1915 e il 1921 fu poi realizzato l’alveo artificiale in cui ora scorre il rio, che però non fu quasi mai sufficiente a smaltire le portate di piena. Nei calcoli per dimensionarlo si era tenuto conto dell’acqua e non del materiale solido trasportato, detto “lava torrentizia”.

Gli eventi alluvionali del 1920, del 1923 e soprattutto del 1957, distrussero o danneggiarono molte opere. Dal 1932 al 1961 furono riparate con l’aggiunta di altre 39 briglie. Nel 1977 si realizzò la grande briglia ad arco all’imbocco superiore dell’Orrido di Chianocco in modo da sfruttare, come deposito dei materiali trasportati, l’ampia varice a monte. Visto il comportamento non pienamente soddisfacente dell’opera e il rapido colmamento si procedette nel 1981 ad un ampliamento della dimensione delle luci per fare lavorare la briglia come un sedimentatore.
La varice a monte della grande briglia ad arco, di grande impatto visivo per il visitatore della Riserva, si è rapidamente colmata di materiale e nel 1999 la Comunità Montana Bassa Val di Susa e Val Cenischia ha realizzato una pista d’accesso in alveo a monte della briglia ad arco che ha permesso l’asportazione del materiale depositato. Nell’ambito dello stesso progetto sono state realizzate altre due piste di discesa in alveo e realizzate nuove briglie.

Tutti questi interventi, necessari per la sicurezza di Chianocco e dei suoi abitanti hanno avuto purtroppo una pesante ricaduta paesaggistica e in particolare l’Orrido di Chianocco è stato alquanto alterato dalla costruzione, tra il 1905 e il 1999, di numerose briglie e dal conseguente innalzamento del fondo. Il prof. F. Sacco così descriveva la gola vista alla fine dell’ottocento: “la gola terminale incisa nei grigio – biancastri calcari marmorei si presentava come un profondissimo intaglio a pareti quasi strapiombanti, alte una cinquantina di metri sul fondo ghiaioso e ciottoloso dell’alveo torrenziale. Tali pareti rocciose qua e là bizzarramente escavate in forma, direi, concoide, sono tra loro distanti solo pochi metri.”.
È bene riconoscere che talvolta queste opere si rivelarono insufficienti o addirittura dannose, come la grande briglia realizzata nell’Orrido nel 1905 e crollata durante l’alluvione del 1957 con effetti rovinosi, liberando migliaia di metri cubi di materiale accumulati alle sue spalle.